MFormazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA
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FORMAZIONE
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-20Al lavoro a 15 anni invece che in classe passo indietro sull'obbligo scolastico Al lavoro a 15 anni e scoppia la polemica tra governo e opposizione. "La maggioranza fa carta straccia dell'obbligo scolastico: inaccettabili questi salti all'indietro sul tema della formazione", dichiara l'ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd). |
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DG Studio TecnicoDalessandro Giacomo 40° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..
Il Mio Pensiero:
AVVENIRE per l'articolo completo vai al sito internet http://www.avvenire.it2010-01-20
21 Gennaio 2010 ISTRUZIONE E LAVORO "Apprendistato è scuola" E scoppiano le polemiche L’obbligo d’istruzione anche nell’apprendistato partendo dai 15 anni. Ma è bastata l’approvazione di un emendamento in tal senso al ddl sul lavoro per innescare una nuova polemica in campo scolastico. Ieri mattina, infatti, la commissione Lavoro della Camera dei Deputati ha approvato un emendamento a firma del relatore del provvedimento Giuliano Cazzola (Pdl), con il quale si prevede che si possa "assolvere anche nei percorsi di apprendistato l’espletamento del diritto-dovere di istruzione e formazione". In parole povere, se l’emendamento diventerà legge, si potrà iniziare l’apprendistato anche ai 15 anni (come era previsto dalla riforma Moratti del 2003) e nello stesso tempo assolvere l’obbligo d’istruzione fino ai 16 anni, introdotto nel 2006 dal ministro Giuseppe Fioroni. Ma proprio questo passaggio ha suscitato dubbi, perplessità e critiche da parte dell’opposizione, del mondo sindacale e di quello degli operatori della formazione professionale. Con l’emendamento di fatto verrebbe modificata l’attuale normativa che prevede l’ingresso di un giovane nel mondo del lavoro non prima dei 16 anni, assolto l’obbligo d’istruzione o nel percorso scolastico tradizionale (licei, tecnici e professionali) o nei corsi professionali triennali realizzati dai Centri di formazione professionale (Cfp) e dalle Regioni. Uno scenario che ha sollevato un coro di proteste, a cui il ministro della Pubblica Istruzione Mariastella Gelmini ha voluto subito replicare: "Sono favorevole ad ogni iniziativa che permetta un rapido inserimento dei giovani nel mondo del lavoro – ha dichiarato in una nota il ministro –. Secondo una condivisa linea governativa, il ministero è favorevole a ogni iniziativa, anche legislativa, che favorisca la transizione tra scuola e lavoro, consentendo così ai giovani di disporre delle competenze necessarie per trovare un’occupazione". E non solo. "L’assolvimento dell’obbligo di istruzione attraverso un vero contratto di lavoro, retribuito secondo i contratti collettivi di lavoro – conclude il ministro –, rappresenta una possibilità ulteriore di contrasto al fenomeno della dispersione scolastica". Insomma, come sottolinea il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, "non si tratta per nulla di anticipare l’età di lavoro, ma di consentire il recupero di un giovanissimo demotivato a seguire gli altri percorsi educativi attraverso una più efficace modalità di apprendimento in un contesto lavorativo", anche perché oggi "migliaia di giovani tra i 14 e i 16 anni, superata la scuola media, né studiano né lavorano e talora lavorano in nero". Di tutt’altro avviso è l’opposizione. "Hanno deciso di fare carta straccia dell’obbligo scolastico" denuncia l’ex ministro Giuseppe Fioroni e attuale responsabile Welfare del Partito democratico. Non meno tenero il fronte sindacale. "È l’ultimo atto dello smantellamento di un vero obbligo scolastico – tuona Domenico Pantaleo, leader della Flc-Cgil – visto che nella maggior parte dei casi l’apprendistato si traduce in un lavoro vero e la formazione è inesistente". Il segretario nazionale della Uil-scuola Massimo Di Menna rivolge "un pressante invito al governo a non procedere in questa direzione", anche perché, aggiunge il segretario confederale della Cisl Giorgio Santini, "l’emendamento è stato approvato in modo frettoloso e senza nessuna consultazione delle parti sociali", soprattutto se, aggiunge il sindacalista della Cisl, "si vuole veramente rilanciare l’apprendistato per aiutare concretamente l’occupazione dei giovani". E un invito a "un ripensamento" arriva anche dal mondo dei centri di formazione professionale. "Non mi pare la strada per risolvere il problema dell’occupazione giovanile" commenta Attilio Bondone presidente nazionale della Confap, organismo che riunisce i Cfp di ispirazione cristiana. Favorevole al provvedimento, invece, Confartigianato: "È un utile ponte verso l’occupazione". Attualmente sono circa 30mila i giovani tra i 16 e i 18 anni che utilizzano l’apprendistato come forma di lavoro abbinato a una formazione generale. Quest’ultima è a carico di realtà formative o scolastiche esterne all’azienda in cui si lavora, passaggio regolato da intese tra Regioni e ministero, che, però, non sono state sottoscritte. Lunedì il ddl approderà in Aula alla Camera. Enrico Lenzi
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-01-22 La norma che consentirà di accedere all’apprendistato già a 15 anni Assegno formativo per bloccare la fuga dai banchi L’esperienza inglese e la possibilità di introdurla in Italia Apprendistato da un'artigiano (archivio Corriere) Apprendistato da un'artigiano (archivio Corriere) La norma che consentirà di accedere all’apprendistato già a 15 anni sta suscitando un’ondata di polemiche. Più che sulle grandi questioni di principio, sarebbe bene riflettere sul dato di partenza che ha motivato l’azione del governo: il numero altissimo di quindicenni e sedicenni che non studia più e non lavora ancora. Un esercito di 126 mila adolescenti che crescono senza bussola e sprecano anni preziosissimi per lo sviluppo di capacità e competenze. In Europa solo Romania e Bulgaria sono messe peggio dell’Italia. Negli altri Paesi la dispersione formativa non è solo più contenuta, ma riguarda soprattutto i figli di immigrati. Da noi invece si "disperdono" moltissimi giovani italiani, nati e vissuti in un contesto culturale e istituzionale in cui andare a scuola fino a sedici anni (come prevede la legge) dovrebbe essere un fatto normale, senza possibili alternative. La dispersione è più alta al Sud, ma anche nel ricco e avanzato Nord-Ovest un buon cinque percento dei giovani fra i quattordici e i diciassette anni sono già fuori dal sistema formativo. L’apprendistato per i quindicenni può essere la soluzione del problema? Difficile crederlo. Anche a prescindere dalle argomentazioni pedagogiche, ciò che rende scettici è la scarsissima diffusione e l’alta disorganizzazione di questo istituto nel nostro Paese. Secondo l’ultimo Rapporto Isfol gli "apprendisti in formazione" minorenni sono poco più di seimila, tutti nel Centro-Nord. Anche a investire sul serio in questa direzione ci vorranno anni, ad essere ottimisti, prima che lo strumento possa funzionare in tutto il Paese. Come insegna l’esperienza internazionale, per conseguire rapidi successi contro la dispersione occorre intervenire con incentivi tangibili per i giovani e le loro famiglie. Negli Usa molte amministrazioni locali subordinano l’accesso alle prestazioni assistenziali all’assolvimento dell’obbligo scolastico da parte dei minori: i dati segnalano infatti (anche per l’Italia) che gli abbandoni interessano soprattutto i figli delle famiglie disagiate. Un eccesso di paternalismo? No, se pensiamo che andare a scuola è, appunto, obbligatorio e chi non manda i figli a scuola viola la legge. In Italia il 40% circa dei minori (60% al Sud) vive in famiglie a basso reddito che fruiscono di agevolazioni o esenzioni "sociali " (tariffe, ticket, sussidi vari). Se fosse richiesta qualche forma di certificazione educativa fra i documenti da allegare alla cosiddetta dichiarazione Ise (quella che serve per accedere ai benefici) le famiglie avrebbero un bell’incentivo a mandare i figli a scuola (compresi, perché no, i percorsi di scuola e lavoro, diffusi anche in altri Paesi). L’Inghilterra ha inaugurato un secondo tipo di intervento: gli assegni formativi. I giovani fra i sedici e i diciotto anni che provengono da famiglie disagiate possono ottenere una educational allowance per iscriversi a corsi di istruzione o formazione accreditati. L’assegno può raggiungere i 150 euro al mese per la durata del corso, purché la frequenza sia regolare e i voti siano sufficienti. Quando questo programma fu istituito,molti giovani non si fidavano e chiedevano ai funzionari: dove sta l’imbroglio? Ora sul sito del governo (http://ema.direct.gov.uk) c’è scritto esplicitamente: non c'è imbroglio, vogliamo solo aiutarvi a non sprecare il vostro capitale umano; se studiate oggi potrete guadagnare molto di più in futuro. Introdurre lo schema inglese in Italia costerebbe alcune centinaia di milioni. Ma si potrebbe iniziare gradualmente e selettivamente (peraltro facendo tesoro di esperienze pilota già introdotte in alcune regioni). Sarebbe un passo concreto verso quel "welfare delle opportunità" di cui tanto si discute nei libri e nei convegni, ma che nessun governo ha ancora messo veramente al centro delle sue priorità in campo sociale. Maurizio Ferrera |
REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it2010-01-20 Emendamento della maggioranza: l'apprendistato vale come un anno di scuola E' bufera sul governo. Il Pd: "Fanno carta straccia di tutti le scelte mondiali" Al lavoro a 15 anni invece che in classe passo indietro sull'obbligo scolastico Critiche dai sindacati: "Non è così che si aiuta l'occupazione dei giovani"di SALVO INTRAVAIA Al lavoro a 15 anni invece che in classe passo indietro sull'obbligo scolastico Al lavoro a 15 anni e scoppia la polemica tra governo e opposizione. "La maggioranza fa carta straccia dell'obbligo scolastico: inaccettabili questi salti all'indietro sul tema della formazione", dichiara l'ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni (Pd). Al centro della querelle un emendamento al disegno di legge Lavoro, collegato alla Finanziaria, approvato questa mattina dalla commissione Lavoro della Camera, che prevede che l'apprendistato possa valere a tutti gli effetti come assolvimento dell'obbligo di istruzione. Se il provvedimento dovesse andare in porto gli studenti meno volenterosi potrebbero uscire dalle aule scolastiche un anno prima dell'attuale obbligo scolastico, fissato a 16 anni. Ma l'Ue e tutti i più recenti studi sul capitale umano ci chiedono il contrario: aumentare la permanenza a scuola dei nostri adolescenti e ridurre la dispersione scolastica. "La maggioranza e il ministro Sacconi - continua Fioroni - hanno deciso di fare carta straccia dell'obbligo scolastico. E' inaccettabile che, invece di intensificare gli sforzi per collegare la fase educativa alla formazione e mettere in grado i ragazzi italiani di poter competere ad armi pari con i loro colleghi nel resto del mondo, qui si decida di fare un salto all'indietro così macroscopico". In effetti, gli ultimi studi di Ocse (l'Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico) e Banca d'Italia raccomandano l'esatto opposto: investire in istruzione. Lo scorso mese di novembre, la Banca d'Italia ha pubblicato uno studio dall'emblematico titolo "Investire in conoscenza". I due economisti Federico Cingano e Piero Cipollone evidenziano tutti i vantaggi connessi con un aumento del grado di preparazione dei cittadini italiani. Un massiccio investimento da parte dello stato in istruzione verrebbe più che compensato dalle entrate fiscali, a parità di prelievo, e dai minori costi derivanti dall'aumento del tasso di occupazione. E un anno in più sui banchi di scuola rende, secondo gli esperti di Bankitalia, nel medio-lungo periodo quasi il 9 per cento in termini di remunerazione del lavoro. I vantaggi maggiori sono per i laureati, il cui titolo di studio può fruttare più del 10 per cento e il diploma di maturità, il 9,7 per cento
Durissimo il commento del senatore Antonio Rusconi, componente della commissione Cultura di Palazzo Madama. "Si tratta di un provvedimento assurdo che ci allontana ancora di più dai livelli dell'istruzione previsti dal trattato di Lisbona e soprattutto annulla una conquista importante del governo del centrosinistra, ovvero l'obbligo all'istruzione svolta nella scuola superiore o professionale fino a 16 anni, ma comunque nella scuola". "Di fatto - prosegue Rusconi - il governo Berlusconi sembra orientare la scuola e la società italiana verso indirizzi 'classisti', la serie A dei licei, la serie B degli Istituti tecnici, la serie C dei professionali, e ora per qualcuno, subito dopo la terza media, l'idea di andare subito al lavoro". All'estero, secondo il senatore del Partito democratico, "la crisi economica la si sta combattendo con più investimenti" su scuola, università e formazione. Nel 2003, una comunicazione della Commissione europea considerava "imperativo categorico" l'investimento efficiente nell'istruzione e nella formazione. Nel marzo 2000 il Consiglio europeo di Lisbona ha fissato all'Ue l'ambizioso obiettivo strategico di diventare entro il 2010 "l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale". Il Consiglio europeo "ha ribadito che il futuro dell'economia (e della società) europea dipenderà dalle abilità dei suoi cittadini e che queste a loro volta richiedono un aggiornamento continuativo caratteristico delle società basate sulla conoscenza". E secondo l'ultimo lavoro dell'Osce, "Education at a Glance", in Italia la laurea, in termini di resa salariale, è un affare. In base ai calcoli dell'Ocse un uomo laureato può aspettarsi rispetto a un diplomato un vantaggio salariale durante la carriera superiore a 322 mila dollari, mentre per una donna il beneficio si ferma a 136 mila. La media Ocse è di 186 mila a livello lordo per un uomo e di 134 mila per una donna. E con un titolo di studio più elevato ci si assicura anche meglio contro la disoccupazione. "E' l'ultimo atto dello smantellamento di un vero obbligo scolastico": così il segretario della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, commenta l'emendamento. "Siamo decisamente contrari. Prevedere questo - afferma il sindacalista - significa mettere in discussione l'essenza stessa dell'obbligo scolastico che va assolto nei percorsi di istruzione e formazione, e non attraverso l'apprendistato che nella maggior parte dei casi si traduce in un lavoro vero e proprio dove di apprendimento c'è ben poco". Critiche sono state espresse anche dal segretario confederale della Cisl, Giorgio Santini. "L'emendamento sull'apprendistato approvato dalla commissione Lavoro della Camera, in modo frettoloso e senza nessuna consultazione delle parti sociali, deve essere corretto prima dell'approvazione in Aula del ddl lavoro prevista per la prossima settimana". "In particolare - aggiunge Santini - va attentamente valutato il rischio di un conflitto tra norme, stante la vigente legge 296/06 che fissa l'obbligo di istruzione a 16 anni, che porterebbe alla paralisi operativa". La richiesta del sindacato è quella di "rilanciare l'apprendistato per aiutare concretamente l'occupazione dei giovani", ma di farlo in collegamento con "percorsi di istruzione e formazione professionali nei quali, come previsto dalla legge, si assolva all'obbligo di istruzione". © Riproduzione riservata (20 gennaio 2010) Tutti gli articoli di Scuola
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it2010-01-20 Il governo: al lavoro a 15 anni. L'opposizione: "È un passo indietro" L'obbligo di istruzione (innalzato a 16 anni dalla finanziaria del 2006) "si assolve anche nei percorsi di apprendistato". Bastano poche parole in un emendamento per far scoppiare la polemica tra maggioranza e opposizione. L'emendamento della discordia è stato votato oggi in commissione lavoro alla Camera come modifica al ddl sui lavori usuranti collegato alla Finanziaria. Autore dell'emendamento, che contiene uno dei cavalli di battaglia del ministro del lavoro, Maurizio Sacconi, è il relatore del ddl Giuliano Cazzola (Pdl). Se il testo passerà (il ddl arriva in aula alla Camera lunedì) si potrà andare a lavorare a 15 anni e utilizzare l'apprendistato per coprire l'ultimo anno obbligatorio di scuola. "Siamo disponibili a fornire ulteriori chiarimenti sul provvedimento - commenta Cazzola alla Dire, rispondendo anche alle polemiche sorte dopo il voto in commissione - comunque c'è un clamore eccessivo su questa novità. Chi fa l'apprendistato a 15 anni, infatti, non è obbligato a rinunciare alla sua istruzione, è solo una possibilità che viene offerta. Anche perchè l'innalzamento a 16 anni dell'obbligo scolastico non ha alcuna espressione di carattere curricolare. Allo studente non resta in mano nulla dopo quei due anni di scuola dai 14 ai 16 anni. Al massimo può fare una formazione di base che non dà nulla. Tanto vale andare a lavorare". L'assolvimento dell'obbligo scolastico con l'apprendistato era già stato previsto nel maxiemendamento alla finanziaria, ma poi era stato eliminato per estraneità alla materia della legge di bilancio. Il governo (vedi alla voce Sacconi) ha dunque chiesto di recuperarlo e inserirlo nel ddl sui lavori usuranti. Le reazioni "L'obbligo scolastico a 16 anni, una riforma di civiltà del governo Prodi in sintonia con l'Europa, è annullata da una norma voluta dal ministro Sacconi per l'apprendistato a 15 anni. Ancora una volta il governo Berlusconi, totalmente incapace di riforme, si impegna a distruggere quelle fatte togliendo opportunità di futuro ai giovani e di sviluppo economico per il paese". Lo ha affermato la senatrice del Pd Mariangela Bastico. Per Bastico "l'azione del governo sta raggiungendo l'apice della contrapposizione nei confronti di quanto l'Europa fa per uscire dalla crisi investendo sulla formazione delle persone. Con questa norma - attacca la senatrice - si toglie diritto ad un anno di scuola per tanti ragazzi maggiormente in difficoltà e si abbassa dai 16 ai 15 anni l'età minima per entrare nel mondo del lavoro. Sa bene, infatti, il ministro Sacconi che l'apprendistato è, a pieno titolo, un contratto di lavoro che prevede una piccola quota di formazione". Il Pd, conclude, "intende opporsi duramente a questa scelta scellerata che fa tornare indietro il paese". Contraria anche la Cgil. "Non è con l'abbassamento dei diritti o con la propaganda che si affrontano temi centrali come il lavoro dei giovani e la lotta al sommerso", ha affermato il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni. Il Pdci chiede a Napolitano di stoppare la norma. "Il Governo - afferma il coordinatore nazionale Flavio Arzarello - uccide i sogni e incoraggia l'ignoranza. Con questo provvedimento il Pdl spinge l'Italia in un Medioevo post-industriale. Invitiamo il presidente della Repubblica Napolitano a stoppare questa scelleratezza, degna di un governo senza nè arte nè parte. Se vogliamo uscire dalla crisi - prosegue - l'unico modo è investire sul sapere e nella ricerca e non sulla manodopera gratuita dei giovani, che così vivranno un'esistenza da schiavi". 20 gennaio 2010 |
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